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L'EcoRassegna della stampa correlata - "La rivoluzione e noi "

Di Mauro Del Bue

  23/06/2021

Di Redazione

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La rivoluzione e noi

Mauro Del Bue 21 giugno 2021 L'EDITORIALE

 

Ho sempre pensato che il governo Draghi producesse una vera e propria rivoluzione del nostro sistema politico. Il cambiamento è in atto e da destra a sinistra sono in corso trasformazioni non di poco conto. 

Questo in vista delle amministrative di inizio autunno ma soprattutto delle politiche, la data di svolgimento delle quali è anch'essa segnata dal destino di Mario, anzi di Supermario, Draghi. A destra l'avanzata della lista della Meloni ha provocato un'immediata risposta con l'invito lanciato dal declinante Berlusconi, stavolta non dal predellino, agli altri due partiti, ma soprattutto alla Lega, di un'unione di fatto. Un partito, una lista, una semplice federazione? È evidente che il bersaglio sia Giorgia e la sua tutt'altro che peregrina eventualità di classificarsi, con la lista di Fratelli d'Italia, al primo posto nella classifica generale della coalizione, con la conseguenza inevitabile di salire le scale di Palazzo Chigi in caso di vittoria del centro-destra. Ovvio che quest'ultima declini l'invito con cortese, ma ferma decisione. A sinistra le ipotesi che si stanno valutando sono essenzialmente due: quella di un'intesa stile Ulivo allargata da un lato a Leu e Sinistra italiana e dall'altro a Calenda, Renzi e Bonino, per poi concordare tatticamente qualche accordo coi Cinque stelle, oppure quella della costruzione di un accordo, come si dice, strutturale del Pd coi grillini in una triade di sinistra populista che associ anche Leu. E in mezzo, perché in mezzo ci sarebbe ampio spazio, soprattutto con questa legge elettorale per due terzi proporzionale? Siamo convinti che l'Italia sia divenuta largamente bipolare, visto che non lo é mai stata? Il bipolarismo imposto per legge, e oggi peraltro scongiurato dal Rosatellum che difficilmente sarà cambiato, ha generato dissociazioni postume, crisi di governo e a volte, come nella legislatura 1994-1996, in quella 1996-2001, in quella 2008-2013 e in questa, anche ribaltoni, mentre in due casi, nel 1996 e nel 2008, ha partorito il ricorso ad elezioni anticipate. Eppure, fino al 2006, si é votato con un sistema elettorale per tre quarti maggioritario, il cosiddetto Mattarellum. Se il sistema non è diventato bipolare col maggioritario possibile che lo diventi col proporzionale? Penso che l'elettorato valuterà dunque le proposte in campo e l'autorevolezza e la coerenza di chi le avanza. Il tema é questo. Siamo convinti che da uno scontro netto tra destra e sinistra, che in Italia é sempre stato vinto dalla destra o dal centro destra, possano nascere buoni governi? Siamo convinti che un governo Meloni, con tutto il rispetto e la considerazione che la leader di Fratelli d'Italia merita, sia un passo in avanti rispetto al governo Draghi? Difficile che qualcuno possa a ragion veduta affermarlo. E siamo convinti che un governo della Triade, Pd, Cinque stelle e Leu, ammesso che possa risultare prevalente al voto, cosa che tutti i sondaggi escludono, possa anch'esso risultare migliore dell'attuale? Dunque, il terzo polo, l'area liberalsocialista o chiamatela come volete, avrebbe l'asso nella manica proponendo la soluzione che meglio si aggancia agli interessi del Paese: la continuità del governo Draghi fino al 2026, non a caso la data di scadenza delle opere previste dal Recovery plan. Certo bisogna evitare l'insidia della candidatura di Draghi alla presidenza della Repubblica che, per opposti motivi, sarebbe assai gradita ad entrambi gli schieramenti, anche se mi pare motivato quello del centro-destra, un po' meno quello del centro-sinistra. Un Draghi al Quirinale significherebbe un immediato ricorso alle urne, con un anno di anticipo e con dodici mesi in meno di mandato parlamentare con tutto quel che segue, e soprattutto con le incognite della riconferma legate al taglio di oltre 300 seggi. Vedremo. Quello che sconsiglierei a tutta l'area potenzialmente in grado di avanzare la proposta migliore é di svegliarsi. Capisco che Calenda sia fino ad ottobre impegnato nella campagna amministrativa di Roma. Capisco che Renzi purtroppo oggi sia in crisi di credibilità. Capisco che Più Europa sia in deficit di identità dopo le dimissioni di Bonino e Della Vedova che attendono un chiarimento interno. E capisco che il nostro Psi sia molto condizionato dai territori e dalle scelte locali non sempre coerenti con quelle nazionali (ma questo riguarda anche gli altri tre). Un grande spazio e una proposta politica la più autorevole possono essere vanificati dall'insipienza, dalla vanità, dal dilettantismo oggi purtroppo imperanti e arrivare perfino all'autodistruzione, giacché se l'unità é complicata la solitudine porta alla disintegrazione. Non vorrei che si fosse dimenticato il famoso detto Primum vivere e che ci si attardasse troppo in un primum philosophari di dubbio valore. 

 

 

 

 

 

Se il Direttore dell'Avantionline ce lo consente, osserveremmo (benevolmente e con intenti fecondi) che la minore scorrevolezza di questa riflessione rispetto ai precedenti editoriali tradisce la difficoltà a testimoniare con immediatezza l'epilogo della riflessione e del progetto.  

Che, partendo da una lucida analisi dei cambiamenti attivati tre mesi dal passaggio del testimone tra Conte e Draghi, dovrebbe essere insito nelle contromisure di chi ispira la propria testimonianza politica a quel che resta del movimento e della cultura socialista. 

Già le diritture d'arrivo sono sempre problematiche quando si tratta, nel nostro campo, di essere conseguenti al proponimento di dare un senso allo sforzo di armonizzare e far convergere le premesse. Il cuore oltre l'ostacolo molti sono, in teoria, disposti a buttarlo.  Ma, a mente del lucido editoriale, soprattutto in materia di discrasie scandite dalle difficoltà strutturali di un movimento rimasto alla diaspora, non si intravede una grande volontà a votarsi ad una causa, effettivamente non facile, con la dedizione che ci vorrebbe. Insomma, si vedono in giro più che altro dei rivoltosi che vorrebbero fare barricate prendendo il mobilio dei vicini. Ci portiamo dietro le rovine di un ciclo che, a prescindere dalle indiscutibili luci, è finito (è stato fatto finire) male. Soprattutto, nelle suggestioni di chi è indotto a non separare il fine corsa dalla validità del progetto sottostante. 

Che resta attuale; ma che non sfonda, contrariamente a quanto dovrebbe se non altro per manifesta superiorità rispetto al vuoto pneumatico circostante, nei difficili scenari. Che si avvarrebbero positivamente di un'offerta politica strutturata, suscettibile di declinare quanto (praticamente tutto) resta valido del progetto socialista di quarant'anni fa. 

Oh certamente il gesto di tentare di mettere fuori la testa dal pelo dell'acqua appare quanto di più proibitivo possa immaginarsi come conseguenza di un ostracismo da fine pena mai e di destrutturazioni del modello politico che rendono manifestamente fuori mercato un'offerta “fuori mercato” per effetto di una troppo lunga negazione del diritto di tribuna e di visibilità e, cosa di non poco conto, neanche troppo alla portata del livello di percezione degli strati di opinione e di consenso cui è diretta. 

Quanto al fatto di continuare a farsi del male con le proprie mani non è neanche il caso di tornarci su. 

Ogni tanto si fa percepire il fiume carsico della volontà di riunire le sparse fronde, dispensando anche congrui ingredienti di rilancio di qualcosa di più di un'ipotesi aggregativa. 

Ma poi, come osserva Del Bue, prevalgono più che le spinte centrifughe le neghittosità e gli attendismi, dettati da impulsi non esattamente coesivi. 

Se volessimo essere ancor più pessimisti del Direttore dell'Avantionline, dovremmo concludere, se non proprio con un time out, con l'avvertimento della quasi completa rarefazione dei tempi e delle chances. 

Ci sostiene solo la dedizione del proposito di non disertare. 

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